𝙎𝙩𝙞𝙡𝙚 𝙧𝙚𝙡𝙖𝙯𝙞𝙤𝙣𝙖𝙡𝙚 𝘿𝙀𝙋𝙍𝙀𝙎𝙎𝙄𝙑𝙊

𝙎𝙩𝙞𝙡𝙚 𝙧𝙚𝙡𝙖𝙯𝙞𝙤𝙣𝙖𝙡𝙚 𝘿𝙀𝙋𝙍𝙀𝙎𝙎𝙄𝙑𝙊 (rischiare di essere felici: «𝒏𝒐𝒏 𝒕𝒊 𝒎𝒆𝒓𝒊𝒕𝒐, 𝒆̀ 𝒎𝒆𝒈𝒍𝒊𝒐 𝒔𝒆 𝒔𝒕𝒐 𝒔𝒐𝒍𝒐»):

Queste persone hanno subìto, nel corso della loro crescita, 𝐧𝐮𝐦𝐞𝐫𝐨𝐬𝐢 𝐞𝐯𝐞𝐧𝐭𝐢 𝐭𝐫𝐚𝐮𝐦𝐚𝐭𝐢𝐜𝐢 di vario genere (come la morte di un genitore o altri tipi di separazioni).

I genitori di questi individui sono apparentemente distaccati e poco espansivi e sono tipici attribuire notevole importanza al successo e prestigio personale, che può essere guadagnato, 𝐬𝐨𝐥𝐨 𝐚𝐭𝐭𝐫𝐚𝐯𝐞𝐫𝐬𝐨 𝐢𝐦𝐩𝐞𝐠𝐧𝐨 𝐞 𝐬𝐚𝐜𝐫𝐢𝐟𝐢𝐜𝐢𝐨.

È il caso di uno stile educativo basato sul «𝐜𝐨𝐧𝐭𝐫𝐨𝐥𝐥𝐨 𝐩𝐫𝐢𝐯𝐨 𝐝𝐢 𝐚𝐟𝐟𝐞𝐭𝐭𝐨»: la figura di attaccamento trasmette 𝐢𝐧𝐝𝐢𝐟𝐟𝐞𝐫𝐞𝐧𝐳𝐚, 𝐟𝐫𝐞𝐝𝐝𝐞𝐳𝐳𝐚, 𝐢𝐧𝐭𝐫𝐚𝐧𝐬𝐢𝐠𝐞𝐧𝐳𝐚. Da una parte, il genitore 𝐫𝐢𝐜𝐡𝐢𝐞𝐝𝐞 𝐮𝐧𝐚 𝐩𝐫𝐞𝐬𝐭𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐞 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐞 𝐫𝐞𝐬𝐩𝐨𝐧𝐬𝐚𝐛𝐢𝐥𝐢𝐭𝐚̀ al figlio, dall’altra 𝐧𝐨𝐧 𝐠𝐥𝐢 𝐟𝐨𝐫𝐧𝐢𝐬𝐜𝐞 𝐢𝐥 𝐧𝐞𝐜𝐞𝐬𝐬𝐚𝐫𝐢𝐨 𝐬𝐨𝐬𝐭𝐞𝐠𝐧𝐨 𝐞𝐦𝐨𝐭𝐢𝐯𝐨 𝐩𝐞𝐫 𝐫𝐚𝐠𝐠𝐢𝐮𝐧𝐠𝐞𝐫𝐥𝐞. In altri casi, invece, il genitore rende responsabile il figlio addirittura delle proprie cure, istigando in lui sensi di colpa legati al fatto di non meritare pienamente il suo amore. Le conseguenze che si ripercuotono nel soggetto sono lo sviluppo di sentimenti di 𝐫𝐚𝐛𝐛𝐢𝐚 𝐞 𝐝𝐢𝐬𝐩𝐞𝐫𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞, ma, fin da subito, si adatta e, con un meccanismo di difesa, elabora una strategia di 𝐫𝐞𝐩𝐫𝐞𝐬𝐬𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐨 𝐫𝐢𝐝𝐮𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐞 𝐞𝐦𝐨𝐳𝐢𝐨𝐧𝐢 (sia negative che positive), 𝐬𝐦𝐞𝐭𝐭𝐞𝐧𝐝𝐨 𝐝𝐢 𝐫𝐢𝐜𝐞𝐫𝐜𝐚𝐫𝐞 𝐥𝐚 𝐫𝐞𝐥𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞 con il caregiver e mascherando le proprie emozioni negative.

Questo stratagemma legato al camuffare i propri stati emotivi si rivela funzionale, in quanto non gli permette di percepirsi come vulnerabile ma, al contrario, gli permette di 𝐢𝐦𝐩𝐚𝐫𝐚𝐫𝐞 𝐚 𝐜𝐨𝐧𝐭𝐚𝐫𝐞 𝐬𝐮 𝐬𝐞 𝐬𝐭𝐞𝐬𝐬𝐨.

Nella persona sono sempre presenti, però, forti sentimenti di rabbia, nel momento in cui si trova a far fronte a un 𝐫𝐢𝐟𝐢𝐮𝐭𝐨 o sentimenti di tristezza e disperazione, nel caso in cui percepisca 𝐚𝐛𝐛𝐚𝐧𝐝𝐨𝐧𝐨 o solitudine. Questa continua oscillazione genera una percezione della 𝗿𝗲𝗮𝗹𝘁𝗮̀ 𝗰𝗼𝗺𝗲 𝗶𝗻𝗮𝗳𝗳𝗶𝗱𝗮𝗯𝗶𝗹𝗲 𝗲 𝗶𝗺𝗽𝗿𝗲𝘃𝗲𝗱𝗶𝗯𝗶𝗹𝗲; 𝘂𝗻𝗮 𝗽𝗲𝗿𝗰𝗲𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲 𝗱𝗶 𝘀𝗲́ 𝗲 𝗱𝗲𝗹𝗹’𝗮𝗹𝘁𝗿𝗼 𝗻𝗲𝗴𝗮𝘁𝗶𝘃𝗲, 𝗱𝗼𝘃𝗲 𝗶𝗹 𝘀𝗼𝗴𝗴𝗲𝘁𝘁𝗼 𝗺𝗲𝘁𝘁𝗲 𝗶𝗻 𝗱𝘂𝗯𝗯𝗶𝗼 𝗹𝗮 𝗽𝗿𝗼𝗽𝗿𝗶𝗮 𝗮𝗺𝗮𝗯𝗶𝗹𝗶𝘁𝗮̀ 𝗲 𝗶𝗹 𝗽𝗿𝗼𝗽𝗿𝗶𝗼 𝘃𝗮𝗹𝗼𝗿𝗲: solo con grandi sforzi potrebbe riuscire a costruire un attaccamento stabile.

Il forte senso di responsabilità rende la persona colma di sensi di colpa, che diventano il mezzo per controllare la realtà e gli altri e fungono da motore per gli sforzi dell’essere accettati dagli altri.

Da adulto impara a contare solo su se stesso (sia in situazioni negative che per

esplorare il mondo) e mira all’𝐚𝐮𝐭𝐨𝐬𝐮𝐟𝐟𝐢𝐜𝐢𝐞𝐧𝐳𝐚 𝐚𝐬𝐬𝐨𝐥𝐮𝐭𝐚. Il senso di solitudine che prova lo spinge a cercare una forte motivazione personale che corona con l’affermazione della propria competenza, attraverso il proprio sforzo, impegno nella creazione di una realtà non ordinaria, perché contemplata come effimera e destinata al fallimento. La concezione di Sé diviene sempre più positiva, tanto più le sue doti interpersonali o lavorative (o in generale in più ambiti) eccellono.

In ambito relazionale, ben presto, sviluppano una consapevolezza dei propri 𝐥𝐢𝐦𝐢𝐭𝐢 𝐧𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐜𝐚𝐩𝐚𝐜𝐢𝐭𝐚̀ 𝐝𝐢 𝐢𝐧𝐬𝐭𝐚𝐮𝐫𝐚𝐫𝐞 𝐫𝐞𝐥𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐢 𝐬𝐭𝐚𝐛𝐢𝐥𝐢 𝐞 𝐬𝐢𝐜𝐮𝐫𝐞, 𝐧𝐨𝐧𝐨𝐬𝐭𝐚𝐧𝐭𝐞 𝐢 𝐩𝐫𝐨𝐩𝐫𝐢 𝐬𝐟𝐨𝐫𝐳𝐢 𝐞𝐟𝐟𝐞𝐭𝐭𝐮𝐚𝐭𝐢: la soluzione a tale problema diviene il proprio isolamento, destato dalla 𝘁𝗲𝗻𝗱𝗲𝗻𝘇𝗮 𝗮𝗱 𝗮𝗻𝘁𝗶𝗰𝗶𝗽𝗮𝗿𝗲 𝗲𝘃𝗲𝗻𝘁𝘂𝗮𝗹𝗶 𝗳𝗮𝗹𝗹𝗶𝗺𝗲𝗻𝘁𝗶 𝗼 𝗿𝗶𝗳𝗶𝘂𝘁𝗶. La modalità che attuano, al fine di evitare sofferenza (disperazione, tristezza e rabbia) derivante dalla rottura del rapporto (percepita come inevitabile e certa), è la tendenza all’𝐞𝐯𝐢𝐭𝐚𝐫𝐞 𝐢𝐥 𝐩𝐫𝐨𝐩𝐫𝐢𝐨 𝐜𝐨𝐢𝐧𝐯𝐨𝐥𝐠𝐢𝐦𝐞𝐧𝐭𝐨 𝐚𝐟𝐟𝐞𝐭𝐭𝐢𝐯𝐨.

La visione dell’𝗮𝗹𝘁𝗿𝗼 𝗲̀ 𝗮𝗺𝗯𝗶𝘃𝗮𝗹𝗲𝗻𝘁𝗲: positiva ,in quanto viene vissuta come redenzione dalla propria solitudine; negativa, perché egli viene percepito come inaccessibile. La percezione di 𝗦𝗲́ è come 𝗽𝗿𝗶𝘃𝗶 𝗱𝗶 𝘃𝗮𝗹𝗼𝗿𝗲 𝗲 𝗻𝗼𝗻 𝗮𝗺𝗮𝗯𝗶𝗹𝗶: motivo per il quale non prendono iniziativa nel corteggiamento ma , al contrario si creano un alone di mistero e irraggiungibilità. Nel momento in cui questi avvertono minime minacce di abbandono che possano ricondurlo a un destino di solitudine, attuano improvvise esplosioni di rabbia anche per motivi trascurabili.

𝐋𝐚 𝐩𝐞𝐫𝐝𝐢𝐭𝐚 𝐯𝐢𝐞𝐧𝐞 𝐯𝐢𝐬𝐬𝐮𝐭𝐚 𝐜𝐨𝐦𝐞 𝐢𝐧𝐭𝐨𝐥𝐥𝐞𝐫𝐚𝐛𝐢𝐥𝐞, 𝐦𝐚 𝐚𝐥𝐥𝐨 𝐬𝐭𝐞𝐬𝐬𝐨 𝐭𝐞𝐦𝐩𝐨 𝐜𝐞𝐫𝐭𝐚 𝐞 𝐢𝐧𝐞𝐯𝐢𝐭𝐚𝐛𝐢𝐥𝐞; ecco perché l’unica soluzione è quella di 𝗲𝘃𝗶𝘁𝗮𝗿𝗲 𝗱𝗶 𝗮𝘁𝘁𝗮𝗰𝗰𝗮𝗿𝘀𝗶 𝗲 𝗰𝗼𝗶𝗻𝘃𝗼𝗹𝗴𝗲𝗿𝘀𝗶 prontamente nei confronti dell’altro. Quindi, attua strategie differenti: o respingendo l’altro per metterlo in salvo dalla persona indegna che crede di essere o iniziando un rapporto, negandone l’importanza della conoscenza dell’intensità emozionale oppure costruendosi un’idea alterata e negativa della persona amata, al fine di non soffrire una eventuale separazione.

Nel momento in cui la relazione di coppia prende il via, le persone con lo stile depresso comprendono che il partner ha rinunciato alle precedenti condizioni di vita vantaggiose, per investire in lui. Per mantenere la relazione, l’unica modalità che riesce a mettere in atto questo tipo di individuo è quella di 𝗰𝗼𝗻𝘁𝗶𝗻𝘂𝗲 𝗼𝘀𝗰𝗶𝗹𝗹𝗮𝘇𝗶𝗼𝗻𝗶 𝘁𝗿𝗮 𝗱𝗶𝘀𝘁𝗮𝗰𝗰𝗵𝗶 𝗲𝗺𝗼𝘁𝗶𝘃𝗶, 𝗮𝗹𝗹𝗼𝗻𝘁𝗮𝗻𝗮𝗺𝗲𝗻𝘁𝗶 𝗲 𝗮𝗰𝗰𝘂𝗱𝗶𝗺𝗲𝗻𝘁𝗶 𝗰𝗼𝗺𝗽𝘂𝗹𝘀𝗶𝘃𝗶.

I depressivi tendono a prediligere la propria autosufficienza, al punto tale, da 𝐧𝐨𝐧 𝐜𝐡𝐢𝐞𝐝𝐞𝐫𝐞 𝐚𝐢𝐮𝐭𝐨 𝐧𝐞𝐥 𝐦𝐨𝐦𝐞𝐧𝐭𝐨 𝐝𝐞𝐥 𝐛𝐢𝐬𝐨𝐠𝐧𝐨; riescono ad avvicinarsi all’altro, nel caso in cui l’altro gli faccia una specifica richiesta, ma si allontanano nel momento in cui avvertono che l’altro miri a una di forte intimità espressa in modalità emotivamente cariche o da impellenti bisogni. Il conflitto e la crisi non viene spesso affrontato in modalità costruttiva e si ha la tendenza a esplodere o allontanarsi, mettendo così a repentaglio la stabilità del rapporto.

Proprio perché sono altamente segnati dalla propria solitudine, interpretano costantemente i segnali di insoddisfazione dell’altro come presagi di inevitabile separazione o rottura, il che li pone 𝐜𝐨𝐬𝐭𝐚𝐧𝐭𝐞𝐦𝐞𝐧𝐭𝐞 𝐢𝐧 𝐮𝐧𝐨 𝐬𝐭𝐚𝐭𝐨 𝐝𝐢 𝐚𝐥𝐥𝐞𝐫𝐭𝐚, 𝐢𝐧 𝐜𝐮𝐢 𝐩𝐫𝐞𝐟𝐞𝐫𝐢𝐬𝐜𝐨𝐧𝐨 𝐚𝐧𝐭𝐢𝐜𝐢𝐩𝐚𝐫𝐞 𝐥’𝐚𝐛𝐛𝐚𝐧𝐝𝐨𝐧𝐨 𝐝𝐞𝐥𝐥’𝐚𝐥𝐭𝐫𝐨 𝐩𝐢𝐮𝐭𝐭𝐨𝐬𝐭𝐨 𝐜𝐡𝐞 𝐬𝐩𝐞𝐫𝐢𝐦𝐞𝐧𝐭𝐚𝐫𝐥𝐨.

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